Linea del tempo interattiva con gli avvenimenti principali della storia di Mestre:
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Antenore, secondo la leggenda fondatore di Padova e capostipite dei Veneti
Secondo la leggenda riconducibile a Bonaventura Barcella, segretario dell'Archivio Comunale nell'Ottocento,
le origini di Mestre sarebbero strettamente legate alle vicende dell'eroe Antenore, capostipite dei Veneti e fondatore di Padova dopo la fuga
da Troia distrutta.
Al suo seguito infatti ci sarebbe stato anche il valoroso guerriero Mesthle, figlio di Talemene re di Meonia, che si stabilì invece presso una
località boscosa di fronte alla Laguna Veneta, la mitica Selva Fetontea, fondando una città fortificata che, dal suo nome, chiamò Mestre.
Un’altra ipotesi potrebbe far derivare il nome Mestre più propriamente dalla “Gens Mestria”, molto diffusa in Romagna nel periodo romano che,
proprietaria di almeno una fornace, ci ha lasciato frammenti reperti con impressi in laterizi ed in almeno un’anfora bolli con la dizione MESTRO,
C.MESTRORUM, P.MESTRI, conservati in musei locali (Cattolica, Rimini, San Giovanni in Marignano) ed almeno un’epigrafe rinvenuta a Concordia
Sagittaria e conservata nel Museo Archeologico Nazionale Concordiese di Portogruaro.
Tuttavia, data la scarsità di reperti e notizie riguardanti l'età antica, la reale origine di Mestre rimane ancora incerta. Così come il toponimo,
la cui derivazione resta dibattuta, seppure di probabile origine paleoveneta.
La colonizzazione paleoveneta prima, e romana poi, non sembra aver lasciato traccia di insediamenti urbani in questa zona rurale. Tuttavia, è
stata elaborata un'ipotesi secondo la quale sarebbe esistito un oppidum, località fortificata romana, successivamente distrutta da
Attila e sulle cui rovine sarebbe poi sorto il primo castello medievale, il Castelvecchio.
Tabula Peutingeriana, Mestre indicata sotto Altino con denominazione "Ad Portu(m)"
I pochi reperti rinvenuti nel territorio mestrino (alcune anfore, embrici, tracce di basolato e qualche rara moneta)
offrono scarse testimonianze in merito alla presenza dei Romani.
Alcuni identificano però la presenza di un insediamento nelle citazioni nell'Itinerario Burdigalense, che la indicherebbe
con la definizione di "mutatio Ad Nonum", a XII miglia dalla "mutatio Ad Duodecimum" e VIIII miglia da Altino; e nella
Tabula Peutingeriana, che la individuerebbe con Ad Portu(m).
La fotogrammetria aerea avrebbe rilevato la presenza di lembi di strada romana sia nei pressi della località detta "Ponte di Pietra" a San Giuliano,
che a Mestre, segno dell'esistenza di due percorsi viari: uno a destra del Brenta ,descritto dalla Tabula Peutingeriana, e uno a sinistra,
descritto dall’altro Itinerario. Nel territorio dell’attuale Mestre, infatti, potrebbero passare due strade consolari: l’Annia e la
Popilia.
Mancano tuttavia riferimenti certi a queste vie consolari, che dovevano però presumibilmente incontrarsi nel territorio dell’attuale zona tra l’attuale
riviera del Brenta e la terraferma mestrina.
È certo invece come il territorio dell’attuale Mestre fosse attraversato da un'altra importante strada romana: la via Gallica. La zona a quel
tempo si presentava però per lo più paludosa, tanto che le strade di origine romana, che sono costruite in linea retta fino a Mira, a valle si
presentavano sinuose per adeguarsi al territorio.
Dopo la caduta dell'Impero Romano, la zona rientra nei territori feudali del ducato Longobardo dal 568,
e dell'Impero Carolingio di Treviso dal 774.
Il borgo agricolo e commerciale di Mestre comincia in qesto periodo ad assumere importanza grazie allo svilupparsi di un'attività commerciale,
il Porto di Cavergnago, molto legata anche allo sviluppo economico della vicina Venezia.
Zona strategica per i collegamenti con la laguna, di qui passavano incrociandosi tre importanti arterie di collegamento con l'entroterra:
la Padovana (l'odierna Miranese), la Castellana (verso Castelfranco) e il Terraglio (che collega Mestre a Treviso).
Nel 905, il borgo, con annesso porto, diventa feudo del vescovo di Treviso con investitura da parte dell’imperatore Berengario.
Diploma dell’imperatore Ottone III di investitura a Rambaldo, 994
Il più antico documento, ufficialmente riconosciuto, riportante chiaramente il nome di Mestre è l'atto di donazione
con il quale ,nell'anno 994, Ottone III, che di lì a due anni diverrà poi Imperatore del Sacro Romano Impero, intende ringraziare per
i servigi resi il suo fido condottiero Rambaldo, appartenente alla famiglia dei Conti di Collalto.
In tale documento, ai fedeli vassalli vengono intestati la foresta del Montello, alcune proprietà a Treviso e 24 “mansi” (grandi estensioni
di terreno coltivabile), tra cui uno "inter Mester et Paureliano et Brentulo" ovvero tra Mestre, e l'attuale Gazzera (Parlan e Brendole).
L'atto ufficiale è oggetto di una curiosa storia:
La pergamena rimane nelle mani dei Collalto sino al 1917 quando il castello, durante la Prima Guerra Mondiale, viene distrutto. Successivamente,
viene probabilmente recuperato tra le rovine da uno dei soldati boemi, sudditi di Vienna, ed utilizzato per rinforzarsi i malandati scarponi in previsione
del ritorno ai loro luoghi di origine, per lo più a piedi, dopo la sconfitta.
Il documento, giunto così miseramente in Repubblica Ceca, viene dapprima depositato, assieme ad altri oggetti trafugati, presso il locale archivio
comunale di Rokycany, situata nei pressi di Pilsen, senza che nessuno si rendesse conto dello straordinario valore storico del documento. Solo
successivamente il responsabile dell'archivio ne comprese l'importanza storica e ne diede risalto.
Oggi il diploma di Ottone III risulta essere il più antico documento su pergamena nella Repubblica Ceca, ed una copia di questo viene
consegnata alla municipalità di Mestre-Carpenedo per l'apposizione della stessa all'interno del Municipio di Via Palazzo.
Mestre potrebbe altresì essere citata una prima volta in un documento del 710 riguardante delle donazioni al monastero di San Teonisto di Casier.
In tal caso però, il documento cita una incerta "Mestrina presso le montagne".
Ezzelino III da Romano, detto Il Terribile
La potestà del vescovo di Treviso sul borgo con annesso porto viene minacciata nel XIII secolo
dalle azioni di Ezzelino III da Romano.
Già nel 1237, infatti, le soldatesche di Ezzelino si spinsero nel territorio mestrino, devastandolo, ma è tra il 1245 e il 1250,
che arriveranno addirittura ad occupare il castello di Mestre.
Le incursioni sono effetto della rivalità con il fratello Alberico, divenuto podestà di Treviso, ma infine i due giungeranno ad un accordo: nel 1257
il vescovo di Treviso Adalberto III Ricco venne costretto a cedere il possesso del borgo e del castello all'amministrazione civile di Treviso,
che prese a nominarvi un capitano per l'esercizio del potere amministrativo, militare e giudiziario, segnando così il passaggio definitivo
dalla giurisdizione religiosa a quella civile.
Dominii scaligeri nel momento di massima espansione (1336)
L'espansione di Verona porta gli Scaligeri, a partire dal 1317, allo scontro con Treviso, che corre subito ai ripari rinforzando tra l'altro anche il
castello di Mestre. Infatti, nel 1318, i veronesi tenteranno a più riprese di conquistare il fortilizio, che però resistette contro ogni aspettativa.
Dopo la caduta delle città di Padova e Treviso però, nel 1323, Mestre passa comunque al dominio veronese di Cangrande della Scala insieme
a tutti i territori della Marca Trevigiana.
"Il Leone di San Marco", Vittore Carpaccio, 1516
Il vigoroso leone di San Marco, simbolo di Venezia e della Repubblica,
è raffigurato con le zampe posteriori nell'acqua e quelle anteriori sulla terraferma, evidente richiamo alla politica ambivalente della Serenissima in quegli anni,
ormai orientata a espandersi sulla terraferma
La signoria Scaligera, arrivata a conquistare Mestre nel 1323, inizia così a rappresentare una seria minaccia all'indipendenza veneziana.
Diventa a questo punto fondamentale
per Venezia assumere il controllo del proprio entroterra per fermare lo strapotere di Verona e difendere i propri interessi commerciali in terraferma.
Il Castello di Mestre fu uno dei primi obiettivi di questa operazione: già nel 1336 i Veneziani inviano un
corpo di spedizione composto da circa 500 armigeri per espugnarlo, ma senza successo. Tentano quindi di venirne in possesso con l’inganno ed il tradimento corrompendo
il capitano di Mestre, il quale però, nonostante avesse dato in ostaggio ai Veneziani moglie e figlio, svela il piano di sortita ordito dai Veneziani ad Alberto della Scala
che si trova a Padova e che dunque, con un agguato, ne fa strage nella notte concordata per aprire loro le porte del castello.
È solo il 29 settembre 1337 che il comandante delle armate veneziane, Andrea Morosini, riesce a corrompere con 10.000 fiorini i 400 mercenari tedeschi che
dovevano difendere il castello per conto degli Scaligeri. Questi uccidono il loro comandante e consegnano Mestre ai veneziani senza alcuno scontro.
È da allora che il 29 settembre, giorno di San Michele arcangelo patrono di Mestre, è data di festa cittadina.
L'espansione veneziana porta presto anche all'occupazione di Treviso, il 2 dicembre 1338, fino a giungere alla firma della pace tra Venezia e Verona il 21 gennaio 1339.
"Mestre alle Barche" di Giovanni Antonio Canal, detto Canaletto. Dipinto di metà Settecento.
A partire dal 1338 il governo del Commune Veneciarum invia al nuovo territorio di Mestre un podestà inizialmente soggetto alla
rettoria di Treviso. È solo in seguito che da Venezia viene inviato in loco un rettore, con il titolo di podestà e capitano, al contempo con funzioni civili e
giudiziarie e finanziarie e militari, ed un castellano preposto al controllo ed alla custodia del castello con servizio di guarnigione.
Come gli altri rettori delle varie rettorie dei domini di terraferma e di mare, era un patrizio scelto in seno al Maggior Consiglio con apposita designazione ed
elezione e durava in carica 16 mesi. Egli aveva l’obbligo di dimora nella sede affidatagli, pena la decadenza. Era tenuto a contenere per quanto possibile le spese
pubbliche al minimo indispensabile. Infine, doveva presentare una relazione ufficiale a fine mandato per informare le autorità del proprio operato e delle vicende avvenute
nella rettoria durante il suo reggimento.
Questa è un epoca di grande espansione commerciale per la città grazie al traffico di merci tra Mestre e Venezia, diventato così importante da richiedere la
costruzione, nel 1361, di un canale artificiale, il Canal Salso, che dalla laguna arrivava fino al cuore del borgo.
Il nuovo collegamento diventa ancora più importante dopo
la deviazione verso Altino del fiume Marzenego, che lo rese impraticabile al commercio via d'acqua di Mestre.
Per queste ragioni, in questo periodo il commercio si sposta dalla parte nord di Mestre alla parte sud, contribuendo allo sviluppo della nuova area commerciale
attorno alla Piazza Maggiore, mentre andrà in progressiva decadenza l'attività del porto di Cavergnago sulle foci del Marzenego.
Oltre che per le attività commerciali, il canale assume anche un'importanza strategica per la capacità di Venezia di difendere i suoi territori,
permettendo di far arrivare velocemente le sue truppe in terraferma in caso di bisogno.
Pianta del Castelnuovo di Mestre
L'accresciuta posizione strategica di Mestre rese necessaria la realizzazione di una nuova e più ampia fortezza: il Castelnuovo, cui seguì un progressivo
abbandono del Castelvecchio, che venne infine demolito nel XV secolo.
Il nuovo complesso difensivo sorse più a est del Castelvecchio (che era sul sito del Castrum romano) e a nord del borgo, la dove già esistevano
precedenti torri difensive: delle case-torri appartenenti alle famiglie signorili della zona, tra cui anche i Conti di Collalto.
La nuova fortezza si rivela essenziale per Venezia nel 1509, durante la Guerra della Lega di Cambrai. L'alleanza comprendente le maggiori potenze
europee del tempo (Sacro Romano Impero, Francia e Spagna, oltre che Ducato di Ferrara e Stato Pontificio), costringe infatti
le forze veneziane all'evacuazione dei Domini di Terraferma nell'entroterra padano-veneto dopo la sconfitta nella battaglia di Agnadello.
Le truppe veneziane in ritirata si asserragliano nel castello di Mestre, che diventa l'estremo baluardo difensivo della laguna sulla terraferma e
da dove partiranno le spedizioni in soccorso di Treviso assediata, e alla riconquista di Padova, occupata dagli Imperiali.
Negli anni successivi la situazione politica è però cambiata: il pontefice Giulio II ritiene che la Francia rappresentasse una minaccia ben più grave di Venezia
per gli equilibri nella penisola italica. È così che lo Stato Pontificio lascia la Lega di Cambrai per allearsi con la Serenissima, e con esso anche
la Spagna e il Sacro Romano Impero, portando così alla creazione della Lega Santa contro la Francia.
Nonostante i successi della nuova Lega Santa, esplodono però dissidi tra Venezia e l'Imperatore, che si rifiuta di consegnare le città venete in suo possesso.
È così che Venezia, nel 1513, passa dunque dalla parte dei francesi, i quali riuscirono così a riprendersi Milano, ma facendo conseguentemente dilagare nuovamente i tedeschi
nel Veneto.
Stemma civico di Mestre riportante le lettere M F (Mestre Fidelissima)
Giunti alle porte di Mestre, tedeschi e spagnoli nel 1513 assediano la città ed infine conquistano il castello, saccheggiando e incendiando il centro abitato.
In questa occasione, a onore dell'eroica resistenza, la città riceve dalla Serenissima il titolo di Mestre Fidelissima, che ne è ancora il motto.
Alla fine della guerra, le preoccupazioni del Senato per quanto riguarda la Terraferma si volgono ai problemi della ricostruzione delle mura, delle case,
dei borghi e alla risoluzione dei problemi idrografici tesi a sistemare e incanalare i fiumi, poiché il continuo trasporto di detriti costituisce un grave pericolo
per l'interramento della laguna.
Mestre rimarrà da allora estranea a vicende belliche fino alla caduta della Repubblica, tanto da portarne al disuso le mura che, ormai gravemente indebolite
e rese inutili dalle nuove tecniche belliche, vengono demolite nel Settecento: di esse restarono solo la Torre dell'Orologio (l'antica Porta di Borgo)
e la gemella Torre Belfredo, a sua volta abbattuta nel XIX secolo.
Gli ultimi istanti della Repubblica Serenissima di Venezia: le truppe francesi soffocano a Ponte Rialto l'ultimo tentativo dei tumulti popolari
Dopo gli sconvolgimenti politici della Rivoluzione Francese, l'Europa diventa campo di battaglia tra la Francia Rivoluzionaria e l'alleanza della maggior
parte delle Monarchie europee dell'Ancien Régime.
Nel 1796, la Prima Repubblica Francese pianifica una grande offensiva a tenaglia contro le forze della coalizione nemica: un attacco principale avrebbe
investito da ovest gli Stati del Sacro Romano Impero (che cadrà nel 1806), mentre una spedizione di disturbo avrebbe colpito gli
austriaci e i loro alleati da sud, attraverso il Norditalia.
I territori della terraferma di Venezia, rimasta fino ad allora neutrale nello scontro, si trovano così nel pieno della direttrice d'avanzata dell'esercito francese
verso Vienna, in quella che verrà nominata Campagna d'Italia guidata dal generale Napoleone Bonaparte.
La trascuratezza delle difese e la sottovalutazione del pericolo inducono il governo della Serenissima ad una blanda resistenza al passaggio delle truppe
straniere, che consente l'avanzata incontrollata delle truppe napoleoniche nei territori Veneziani, i quali vengono gradualmente convertiti alle nuove idee
rivoluzionarie francesi.
La situazione nelle varie città degenera fino ad arrivare allo scontro diretto, in verità da tempo preparato dalla Francia: il 17 aprile 1797, in contemporanea
con gli episodi delle Pasque veronesi di insurrezione contro l'occupazione francese, Napoleone firma a Leoben un preliminare di pace con i rappresentanti
dell'imperatore austriaco Francesco II. Nelle clausole segrete annesse al trattato già si dispone la cessione dei Domini di Terraferma di Venezia all'Impero,
in cambio dello sgombero dei Paesi Bassi da parte di quest'ultimo.
Le armate napoleoniche avanzano velocemente e Venezia sembra ormai dare per perduta la terraferma, come all'epoca della lega di Cambrai, senza però risolversi
a smobilitarla definitivamente per raccogliere le forze.
La mancanza di risoluzione diventa la rovina della Repubblica veneta e nulla possono i tentativi tardivi di giungere ad una riconciliazione. Il 1 maggio
Napoleone è ormai già arrivato a Marghera, alle porte della laguna, e dichiara guerra definitiva a Venezia che sarà infine costretta a
sciogliere il proprio governo il 12 maggio 1797 e consegnarsi alla Municipalità Provvisoria francese.
Nord Italia nel 1799, dopo il trattato di Campoformio
Le aspettative degli illuministi italiani, illusi che l'arrivo delle truppe napoleoniche avrebbe fatto trionfare anche nella penisola italiana gli ideali di libertà
affermatisi oltre le Alpi con la rivoluzione francese, vengono tradite da Napoleone.
Infatti con il trattato di Campoformio, firmato il 17 ottobre 1797 con il Sacro Romano Impero, la Francia rinuncia a proseguire lo scontro e si spartisce
il Norditalia con l'Arciducato d'Austria, al quale vengono assegnati i territori della Repubblica di Venezia ancora formalmente esistente sotto il governo
della Municipalità Provvisoria, così come deciso nelle clausole segrete di Leoben.
In cambio, l'Impero Austriaco cede alla Francia altri territori dell'europa continentale e riconosce la Repubblica Cisalpina istituita da Napoleone in Italia.
La guerra tra Francia e Austria però non termina e, a seguito del trattato di Presburgo del 1805, Veneto e Friuli entrano per un breve periodo a far parte
del Regno d'Italia napoleonico.
Nel 1806, Mestre, secondo il modello francese, diviene una "Comune" nell'ambito del Dipartimento del Tagliamento (l'attuale provincia di Treviso) e viene dotata di
un consiglio di 40 membri e di un Podestà nominato dal governo centrale. Nel 1808 passa al Dipartimento dell'Adriatico (l'attuale provincia di Venezia) e nel 1810
assorbe i comuni di Carpenedo, Trevignan e Favero.
Alla caduta di Napoleone il congresso di Vienna del 1814, nell'ambito della Restaurazione delle potenze dei sovrani assoluti in Europa,
non ridà l'indipendenza ai territori della repubblica di Venezia, che vengono invece uniti a quelli del ducato di Milano nel neoistituito Regno Lombardo-Veneto.
Quest'ultimo, assoggettato all'Impero Austriaco, comprende grossomodo i territori degli odierni Veneto, Lombardia e Friuli e durerà fino all'annessione nel
Regno d'Italia nel 1866.
Ponte ferroviario sulla Laguna in un'immagine storica
In questo periodo di governo austriaco avviene la costruzione di importanti infrastrutture come Forte Marghera, iniziata nel 1805 e terminata nel 1842, e il gran ponte della
laguna veneta che collega Mestre e Venezia, inaugurato l'11 gennaio 1846 quale parte della Ferrovia Ferdinandea Milano-Venezia. A questo si affiancherà nel XX secolo
quello stradale chiamato Ponte Littorio, inaugurato il 25 aprile 1933.
Perde ormai di importanza lo strategico collegamento del Canal Salso, per quattro secoli cordone ombelicale fra Venezia, Mestre e la Terraferma, con pesanti
ricadute economiche sulla Città.
Sortita di Mestre del 27 ottobre 1848, combattimenti sulla via delle Muneghe (ora via Alessandro Poerio) e sul Ponte della Campana
Dopo trentaquattro anni di governo austriaco si attende ormai l’occasione propizia per manifestare il proprio malcontento. La scintilla contro tutti i governi
della Restaurazione scocca il 12 gennaio 1848 a Palermo, per diffondersi rapidamente anche a Napoli, Parigi, Vienna, Milano e quindi anche a Venezia,
dove il 22 marzo Daniele Manin, a capo degli insorti, caccia gli austriaci e proclama la Repubblica.
A Mestre molti patrioti, tra cui si distingue il farmacista Luigi Reali, disarmano con facilità i pochi soldati di guardia in città, in maggioranza
provenienti dalle terre venete e che perciò solidarizzano presto con gli insorti.
Istituita una Guardia Civica, marciano contro il Forte Marghera, che riescono a conquistare grazie a un passaggio indicato loro dai contrabbandieri e
grazie al fattore sorpresa dell'operazione.
Molti volontari si uniscono all'azione da ogni parte d’Italia arrivando in molte località del Lombardo-Veneto, mentre i contingenti austriaci si sono asserragliati
soprattutto nel Quadrilatero.
Mestre diventa crocevia per questi giovani, tra cui c’erano moltissimi idealisti, ma anche alcuni avventurieri pronti ad approfittare della situazione. Si distingue
in particolare una divisione napoletana, guidata dal generale Guglielmo Pepe, cui si uniscono i più valorosi tra i volontari. I loro nomi sono oggi ricordati
dalla toponomastica di Mestre: Guglielmo Pepe, Alessandro Poerio, Cesare Rossarol, Antonio Olivi, Enrico Cosenz e Girolamo Ulloa.
Vittoriose contro le truppe piemontesi e volte alla riconquista dell'intero Lombardo-Veneto, il 18 giugno 1848, le truppe austriache fanno però nuovamente ingresso a
Mestre, rioccupandola e usandola come testa di ponte per l'assedio di Venezia.
piazza 27 ottobre in una cartolina d'epoca con la colonna commemorativa della Sortita di Mestre "Fra le patrie rovine Venezia — sola in armi — per la libertà d' Italia — con schiere elette — di volontari — sfidando — poderosa oste nemica — scende in campo — pugna, trionfa — XXVII ottobre — MDCCCXLVIII"
L'ardita ma effimera Sortita di Mestre del 27 ottobre, partita da Forte Marghera, libera però nuovamente Mestre per alcune ore: si tratta per lo più però di un'operazione di effetto, non
destinata a resistere nel tempo data la sproporzione tra le forze veneziane e quelle austriache.
A ricordo degli avvenimenti del 1848, il 4 aprile 1886 viene inaugurata in Piazza Barche, divenuta Piazza XXVII Ottobre, una colonna commemorativa dei
caduti nella resistenza del 1848-1849, mentre il 13 novembre 1898 viene concessa alla città la medaglia d'oro al valor militare.
Una lapide sul ponte della Campana ricorderà inoltre l'eroismo, portato da terre così lontane, dei due sergenti polacchi, Costantino Mischevitz e
Isidoro Dembowski, che morirono sul Ponte della Campana.
Il 26 maggio 1849 il Forte viene riconquistato dagli Austriaci e, alla capitolazione di questo, segue il 22 agosto la resa della stessa Venezia.
Proclamazione dei risultati del plebiscito del 1866
Nel 1866 Mestre assiste all'entrata a Forte Marghera delle truppe italiane, giunte in città il 15 luglio per effetto degli esiti della III
Guerra di Indipendenza che vede l'Impero Austriaco cedere il Veneto alla Francia, che a sua volta lo cede al Regno d'Italia a guida dei Savoia.
La città viene quindi ufficialmente annessa al Regno d'Italia, assieme al resto del Veneto, a seguito del Plebiscito del Veneto del 1866, con
votazione a suffragio universale maschile nei giorni 21 e 22 ottobre.
Il 6 marzo 1867 giunge a Mestre anche lo stesso Giuseppe Garibaldi, in visita al Veneto da poco annesso. Il Generale arringherà la cittadinanza dal famoso
balcone di Palazzo Da Re, evento poi commemorato da una lapide.
Stemma odierno della città di Mestre
Il comune di Mestre si presenta con gonfalone frutto di successivi rimaneggiamenti: il 26 maggio 1923 a Mestre è concesso ufficialmente il titolo di “città”
dal re Vittorio Emanuele III e viene confermato come stemma quello medievale modificato in epoca veneziana, ossia quarti a sfondo azzurro con croce d’argento con
il leone di San Marco e le lettere m ed f - Mestre fidelis - (rifacendosi agli avvenimenti della guerra della Lega di Cambrai del 1513)
in oro nei quarti di primo piano, terzo e quarto rispettivamente, sormontato dalla corona a cinque torri alla guelfa.
Nel 1898 Mestre viene insignita da Umberto I della medaglia d’oro, che viene aggiunta al gonfalone, per i fatti del 1848.
Nel 1876 viene demolita dai privati che la possedevano la vecchia Torre Belfredo, una delle ultime vestigia dell'antico castello. Resta traccia della pianta
della torre nella pavimentazione dell'omonima via, attigua ai "Giardini delle Mura" ove son visibili i resti (oltre che di un lungo tratto murario) di uno dei
torricini minori del castello.
Nella seconda metà del XIX secolo, entrata a far parte del Regno d'Italia (1866), Mestre comincia a darsi una dimensione e una struttura di vera e propria città.
Oltre alla stazione ferroviaria, costruita ancora sotto l'Impero Austriaco nel 1859, in questo periodo Mestre si dota di ulteriori importanti infrastrutture
publiche: la rete di illuminazione elettrica
pubblica (1899), la rete tranviaria a cavalli (1891) e poi elettrica (la prima del Veneto, in funzione dal 16 ottobre 1905 e poi sostituita da linee filoviarie) e
l'acquedotto comunale (inaugurato il 27 ottobre 1912).
Galleria Vittorio Emanuele (ora galleria Matteotti) in una cartolina d'epoca
In contemporanea con l'inaugurazione dell'acquedotto, apre anche la Galleria Vittorio Emanuele (tra le prime d'Italia, seconda solo a quella di Milano), che unisce con acciaio e vetro, in pieno stile parigino, i due palazzi realizzati dalla famiglia Toniolo a fianco del teatro omonimo, all’epoca in costruzione. Quest'ultimo, a sua volta, apre i battenti alcuni mesi dopo, il 30 agosto 1913, andando ad affiancarsi alla proposta culturale del Cinema Excelsior costruito nel 1911 grazie a Vittorio Furlan, uno dei pionieri della distribuzione e dell'esercizio cinematografico.
Fornace Da Re costruita nel 1852, sono riunite una fornace da laterizi e una da calce, una segheria, un impianto per la sagomatura delle pietre, magazzini per cereali e legnami e anche case per gli operai, esempio della particolare modalità della produzione manifatturiera nella fase precedente al decollo industriale
In questo periodo nascono anche molte aziende manifatturiere di grande importanza che creano indotto e ricchezza, come ad esempio la fornace Da Re, lo stabilimento della
Carbonifera Industriale Italiana (oggi il complesso è ristrutturato e utilizzato ad uso abitativo e direzionale, conservando il nome), la lubrificanti Matter e la
fabbrica di dolci Taboga.
Tutte queste nuove attività rappresentano la nascita di una economia sganciata dal semplice ruolo geografico di interscambio con la laguna, conservato tuttavia
dalla loro locazione lungo il Canal Salso.
Ormai chiara la trasformazione di quello che era un piccolo borgo commerciale, il 26 maggio 1923 Mestre viene anche insignita ufficialmente del titolo di “città” dal re Vittorio Emanuele III.
I forti del Campo Trincerato di Mestre in una mappa attuale
Nel 1883 vengono avviati i lavori per la realizzazione del nuovo campo trincerato di Mestre: Forte Carpenedo, a nord, sulla via per Treviso, completato nel 1887;
Forte Gazzera, in direzione nord-ovest, sulla strada per Castelfranco, completato nel 1886; e Forte Tron, a sud-ovest, sulla via per Padova, completato nel 1887.
Le tre fortezze vengono costruite in forma poligonale, tra loro identiche, e poste ad una distanza di 3500-4500 m da Forte Marghera, che costituiva la
seconda linea.
Agli inizi del XX secolo le crescenti tensioni destinate poi a sfociare nella Grande Guerra portano a rivedere il sistema difensivo di Mestre, considerata strategica.
Viene creata quindi una ulteriore cintura di fortificazioni, più esterna, costituita da sette nuove fortezze, le quali a nord sfruttavano la difesa naturale costituita dal fiume Dese
(Forte Bazzera, Forte Rossarol, Forte Pepe, Forte Cosenz, Forte Mezzacapo, Forte Sirtori e Forte Poerio), creando così uno dei sistemi difensivi più poderosi d'europa.
Nel 1915, con lo scoppio della Prima guerra mondiale, il sistema difensivo di Mestre si trova completo ed in piena efficienza. Tuttavia, gli inaspettati
sviluppi del conflitto, trasformatosi in guerra di trincea, e la vulnerabilità mostrata dalle fortificazioni di confine, spinsero l'Alto Comando italiano ad ordinare,
nel settembre di quello stesso anno, lo smantellamento delle batterie di protezione del campo di Mestre, che vennero inviate a rinforzare il fronte.
Nel 1915, con lo scoppio della Prima guerra mondiale, il sistema difensivo di Mestre si trova completo ed in piena efficienza. Tuttavia, gli inaspettati
sviluppi del conflitto, trasformatosi in guerra di trincea, e la vulnerabilità mostrata dalle fortificazioni di confine, spinsero l'Alto Comando italiano ad ordinare,
nel settembre di quello stesso anno, lo smantellamento delle batterie di protezione del campo di Mestre, che vennero inviate a rinforzare il fronte.
Durante il conflitto, Mestre si trova comunque a svolgere un'importante funzione di interscambio e smistamento di truppe, armamenti e vettovagliamento grazie
alla presenza della stazione ferroviaria che incrocia le linee che si dipartono verso il fronte (linee per Udine, per Trieste e per Trento) e che provengono dalle
direttrici di Bologna e Milano.
cartolina di propaganda del posto di ristoro per soldati alla stazione ferroviaria di Mestre
Con la disfatta di Caporetto, a Mestre viene ipotizzata la nuova linea del fronte attestata sulla struttura fortificata del Campo Trincerato.
L'arresto sul Piave, fortunatamente, scongiura questo drammatico scenario e Mestre diviene l’immediato retrovia logistico del fronte: scuole, ville e case private
vengono requisite ed adibite ad ospedali da campo, alloggiamenti e centri di smistamento.
Già dalla Seconda guerra mondiale i forti perdono la loro funzione militare, venendo progressivamente trasformati in caserme, polveriere e magazzini, fino al
definitivo abbandono negli anni ottanta. Ora sono utilizzati a scopi storici e culturali, e possiedono anche un grande valore naturalistico, ospitando al loro
interno un ambiente rimasto in pratica incontaminato per oltre un secolo.
Durante la Seconda guerra mondiale Mestre subisce vari bombardamenti aerei; il più pesante fu quello del 28 marzo 1944, che rase al suolo più di un migliaio di
case, provocò 164 morti e 270 feriti, oltre che tantissimi sfollati che dovettero abbandonare il loro domicilio cercando ospitalità nelle campagne circostanti. Dopo la
firma dell'armistizio, Mestre è teatro di scontri tra le forze della resistenza e le forze nazi-fasciste che cercano subito di occuparla, anche per il suo ruolo
di importante snodo ferroviario.
Progetto del nuovo Porto di Venezia ai Bottenighi, costruito nel 1922
Nel 1926, assieme ai comuni di Chirignago, Favaro Veneto e Zelarino, Mestre viene annessa per decreto ministeriale al Comune di Venezia, al fine di garantire
ampi margini di espansione portuale, industriale e residenziale alla città lagunare che, per la propria conformazione urbana, non disponeva di spazi idonei.
Nasce così la cosiddetta Grande Venezia, pensata come una nuova città costruita attorno a un vero e proprio progetto di tripartizione del territorio:
Venezia e Lido di Venezia per la cultura e il turismo, la nuova costruzione di Marghera per il porto e le industrie, e Mestre per la residenza.
Nella zona dei Bottenighi, chiamata successivamente Marghera in onore dei fatti del 1848, dopo un primo esproprio dei terreni del comune di Mestre nel 1917,
cominciano nel 1922 i lavori di una delle più estese zone industriali d’Europa, prima specializzata soprattutto nel settore siderurgico e metallurgico,
chimico, petrolifero, energetico, della cantieristica e successivamente anche alimentare.
Al termine della seconda guerra mondiale, l’area industriale si espande a sud con la cosiddetta "Seconda Zona", destinata per lo più alla petrolchimica e alla
lavorazione dell’alluminio, che con i suoi 1010 ettari raddoppia l’iniziale insediamento.
In questi anni inizia così una considerevole crescita demografica per il territorio di Mestre, contrapposta però ad uno smarrimento del ruolo sociale e culturale
della città.
Andamento demografico di Mestre (in nero) e di Venezia (in azzurro) (con l’indicazione degli anni di costituzione delle nuove parrocchie in Terraferma)
Il nuovo polo industriale richiama maestranze ed operai da Venezia, dal Veneto povero e rurale e poi dalle zone più indigenti del Paese, che ben presto saturano la
disponibilità di alloggi offerta dalla Città Giardino di Marghera, costruita negli anni ’20 secondo i più avanzati criteri urbanistici di scuola inglese.
Questa forte immigrazione trova quindi necessariamente sfogo nel centro di Mestre, che dai 20.000 abitanti registrati all'inizio del secolo, arriva ad un picco
di 210.000 abitanti nel 1975, dopo che alle politiche abitative e lavorative sfavorevoli ai residenti lagunari si sommarono i disastrosi effetti dell'alluvione del
1966.
Parco Ponci, raso al suolo insieme alla villa omonima in una notte. Simbolo del "sacco di Mestre" del Novecento
Mestre vive quindi una crescita rapida e spesso poco attenta alla qualità che generò vasti e affollati quartieri residenziali per operai, impiegati e quanti
non potevano - per ragioni igieniche e di sovraffollamento - vivere nella vicina Venezia.
È così che, un esempio tra i molti possibili, negli anni Cinquanta, in una sola notte, viene distrutto da una squadra di boscaioli friulani un parco secolare in
pieno centro città, Parco Ponci, per far posto a condomini, negozi, uffici e abitazioni.
Senza una adeguata struttura normativa, crescono i fenomeni speculativi: l'assetto urbanistico viene stravolto con cambiamenti radicali di intere aree cittadine e
la demolizione di monumenti e luoghi storici. Tra gli interventi di
maggior impatto vengono tombinati, ristretti o deviati molti dei navigli mestrini, viene compiuta la tombatura del Marzenego, la costruzione dell'edificio Cel-Ana
addossato alla Torre, primo simbolo di Mestre, e l'interratura del Canal Salso da Piazza XXVII Ottobre (la storica Piazza Barche).
La crisi dell'industria chimica tra la fine degli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta, assieme al generale ridimensionamento delle grandi città del
nord Italia, frenano la crescita di residenti a Mestre e nei sobborghi limitrofi. Ciononostante, ancora oggi gli oltre 180.000 abitanti della terraferma
continuano a costituire oltre il 66% della popolazione del comune di Venezia (quasi 90.000 abitanti nella municipalità Mestre-Carpenedo).
Vista del museo del '900 - M9, intervento di rigenerazione urbana di respiro internazionale
La Mestre odierna è una realtà contemporanea in continua trasformazione, baricentro geografico e funzionale della Città Metropolitana, con un ruolo di sempre maggior
peso nelle dinamiche economiche, sociali e culturali di una delle aree urbane più importanti del Paese.
Il primo intervento di rilievo è stato la pedonalizzazione di zone del centro storico, prima fra tutte Piazza Ferretto (nel 1984). Sono seguiti
interventi di riqualificazione in molte zone storiche di Mestre, il più noto dei quali è avvenuto sempre nella piazza. Altri interventi sono stati effettuati all'interno
della Torre Civica, in via Palazzo, via Caneve, via Manin, via Poerio, ecc.
In anni recenti si è avuta la costruzione della tranvia, l'apertura al pubblico del bosco di Mestre, la creazione di nuove zone commerciali e del nuovo ospedale
dell'Angelo. Altri esempi di riqualica sono la ricostruzione del palazzo-congressi del Centro Candiani, il restauro del Teatro Toniolo, la creazione dei nuovi
quartieri dirigenziali nella parte meridionale e la bonifica della zona del nuovo parco San Giuliano.
Città composita, crocevia frenetico di persone, merci, attività, snodo ferroviario, autostradale e aeroportuale di primaria importanza, Mestre si sta oggi ritagliando
un ruolo di primo piano anche in ambito culturale e turistico.
Questi testi si intendono rivolti ad un pubblico il più ampio possibile e vengono pensati come introduzione generale alla storia della città.
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