Antenore, secondo la leggenda fondatore di Padova e capostipite dei Veneti
Secondo la leggenda riconducibile a Bonaventura Barcella, segretario dell'Archivio Comunale nell'Ottocento, le origini di
Mestre sarebbero strettamente legate alle vicende dell'eroe Antenore, capostipite dei Veneti e fondatore di Padova dopo la fuga da Troia distrutta.
Al suo seguito infatti ci sarebbe stato anche il valoroso guerriero Mesthle, figlio di Talemene re di Meonia, che si stabilì invece presso una località boscosa
di fronte alla Laguna Veneta, la mitica Selva Fetontea, fondando una città fortificata che, dal suo nome, chiamò Mestre.
Un’altra ipotesi potrebbe far derivare il nome Mestre più propriamente dalla “Gens Mestria”, molto diffusa in Romagna nel periodo romano che,
proprietaria di almeno una fornace, ci ha lasciato frammenti reperti con impressi in laterizi ed in almeno un’anfora bolli con la dizione MESTRO, C.MESTRORUM,
P.MESTRI, conservati in musei locali (Cattolica, Rimini, San Giovanni in Marignano) ed almeno un’epigrafe rinvenuta a Concordia Sagittaria e conservata nel
Museo Archeologico Nazionale Concordiese di Portogruaro.
Tuttavia, data la scarsità di reperti e notizie riguardanti l'età antica, la reale origine di Mestre rimane ancora incerta. Così come il toponimo, la cui derivazione
resta dibattuta, seppure di probabile origine paleoveneta.
La colonizzazione paleoveneta prima, e romana poi, non sembra aver lasciato particolare traccia di insediamenti urbani in questa zona rurale. Tuttavia è stata elaborata
un'ipotesi secondo la quale sarebbe esistito un oppidum, località fortificata romana, successivamente distrutta da Attila e sulle cui rovine sarebbe poi sorto il
primo castello medievale, il Castelvecchio.
Diploma dell’imperatore Ottone III di investitura a Rambaldo, 994
Il più antico documento ufficialmente riconosciuto riportante chiaramente il nome di Mestre è l'atto di donazione con il quale
nell'anno 994 Ottone III, che di lì a due anni diverrà poi Imperatore del Sacro Romano Impero, intende ringraziare per i servigi resi il suo fido
condottiero Rambaldo, appartenente alla famiglia dei Conti di Collalto.
In tale documento, ai fedeli vassalli vengono intestati la foresta del Montello, alcune proprietà a Treviso e 24 “mansi” (grandi estensioni di terreno coltivabile)
tra cui uno "inter Mester et Paureliano et Brentulo" ovvero tra Mestre e l'attuale Gazzera (Parlan e Brendole).
L'atto ufficiale è oggetto di una curiosa storia:
La pergamena rimane nelle mani dei Collalto sino al 1917 quando il castello, durante la Prima Guerra Mondiale, viene distrutto. Successivamente viene probabilmente
recuperato tra le rovine da uno dei soldati boemi, sudditi di Vienna, ed utilizzato per rinforzarsi i malandati scarponi in previsione del ritorno ai loro luoghi
di origine, per lo più a piedi, dopo la sconfitta.
Il documento, giunto così miseramente in Repubblica Ceca viene dapprima depositato, assieme ad altri oggetti trafugati, presso il locale archivio comunale di
Rokycany, situata nei pressi di Pilsen, senza che nessuno si rendesse conto dello straordinario valore storico del documento. Solo successivamente il responsabile
dell'archivio ne comprese l'importanza storica e ne diede risalto.
Oggi il diploma di Ottone III risulta essere il più antico documento su pergamena nella
Repubblica Ceca ed una copia di questo viene consegnata alla municipalità di Mestre-Carpenedo per l'apposizione della stessa all'interno del Municipio di Via Palazzo.
Mestre potrebbe altresì essere citata una prima volta in un documento del 710 riguardante delle donazioni al monastero di San Teonisto di Casier. In tal caso però,
il documento cita una incerta "Mestrina presso le montagne".
Tabula Peutingeriana
I pochi reperti rinvenuti nel territorio mestrino (alcune anfore, embrici, tracce di basolato e qualche rara moneta) offrono scarse
testimonianze in merito alla presenza dei Romani.
Alcuni identificano però la presenza di un insediamento nelle citazioni rispettivamente nell'Itinerario Burdigalense, che la indicherebbe con la definizione
di "mutatio Ad Nonum" a XII miglia dalla "mutatio Ad Duodecimum" e VIIII miglia da Altino, e nella Tabula Peutingeriana che la individuerebbe con
Ad Portu(m).
La fotogrammetria aerea avrebbe rilevato la presenza di lembi di strada romana sia nei pressi della località detta "Ponte di Pietra" a San Giuliano
che a Mestre, segno dell'esistenza di due percorsi viari: uno a destra del Brenta, descritto dalla Tabula Peutingeriana, e uno a sinistra, descritto dall’altro
Itinerario. Nel territorio dell’attuale Mestre, infatti, potrebbero passare due strade consolari: l’Annia e la Popilia.
Mancano tuttavia riferimenti certi a queste vie consolari che dovevano però presumibilmente incontrarsi nel territorio dell’attuale zona tra l’attuale
riviera del Brenta e la terraferma mestrina.
È certo invece come il territorio dell’attuale Mestre fosse attraversato da un'altra importante strada romana: la via Gallica. La zona a quel tempo si
presentava però per lo più paludosa tanto che le strade di origine romana, che sono costruite in linea retta fino a Mira, a valle si presentavano sinuose per
adeguarsi al territorio.
Dopo la caduta dell'Impero Romano, la zona rientra nei territori feudali del ducato Longobardo dal 568 e dell'Impero Carolingio
di Treviso dal 774.
Il borgo agricolo e commerciale di Mestre comincia in qesto periodo ad assumere importanza grazie allo svilupparsi di un'attività commerciale, il Porto di
Cavergnago, molto legata anche allo sviluppo economico della vicina Venezia.
Zona strategica per i collegamenti con la laguna, di qui passavano incrociandosi tre importanti arterie di collegamento con l'entroterra:
la Padovana (l'odierna Miranese), la Castellana (verso Castelfranco) e il Terraglio (che collega Mestre a Treviso).
Ezzelino III da Romano, detto Il Terribile
Nel 905, il borgo, con annesso porto, diventa feudo del vescovo di Treviso con investitura da parte dell’imperatore Berengario. Tale potestà
viene però minacciata nel XIII secolo dalle azioni di Ezzelino III da Romano.
Già nel 1237, infatti, le soldatesche di Ezzelino si spingono nel territorio mestrino, devastandolo, ma è tra il 1245 e il 1250 che arriveranno addirittura ad occupare
il castello di Mestre.
Le incursioni sono effetto della rivalità con il fratello Alberico, divenuto podestà di Treviso, ma infine i due giungeranno ad un accordo: nel 1257
il vescovo di Treviso Adalberto III Ricco viene costretto a cedere il possesso del borgo e del castello all'amministrazione civile di Treviso che prese a nominarvi un
capitano per l'esercizio del potere amministrativo, militare e giudiziario, segnando così il passaggio definitivo dalla giurisdizione religiosa a quella civile.
Nel 1317 Cangrande della Scala, Signore di Verona, attacca i territori di Treviso che corre subito ai ripari, rinforzando tra l'altro
anche il castello di Mestre. Nel 1318 gli Scaligeri tenteranno a più riprese di conquistare la piazzaforte, che però resiste contro ogni aspettativa.
Nel 1323 Treviso però, ormai stremata dalla lunga guerra, cede e finisce sotto il dominio veronese. Mestre segue quindi la stessa sorte, ma non per molto…
Questi testi si intendono rivolti ad un pubblico il più ampio possibile e vengono pensati come introduzione generale alla storia della città.
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