La regata di Mestre è oggigiorno organizzata, nell’ambito delle regate municipali, dal comune di Venezia, nel mese di maggio, primo evento del calendario remiero lagunare. Il percorso attuale parte dal canale dei Marani (all’altezza del Faro di Murano), canale la Nave, canale di San Secondo, giro del paletto, Seno de la Sepa, ritorno e arrivo a Punta San Giuliano. L’evento prevede due regate: la prima, su gondole a quattro remi, per le donne, la seconda, su caorline a sei remi, per gli uomini. Manca il canal Salso, vero spazio storico della competizione. Riteniamo utile ripercorrere la storia della regata di Mestre, partendo dalle origini per arrivare agli anni Venti/Trenta. Dal secondo dopoguerra la regata di Mestre è stata inserita nel calendario municipale.
La regata di voga in piedi, o voga alla veneta, è un elemento essenziale della festa di una comunità che vive
attorno alle acque della laguna e dei numerosi fiumi e canali circostanti. Negli stessi spazi dove si voga per comunicare, per commerciare, per lavorare
è normale che anche in occasione della festa si “usi” l’acqua. È così, da secoli, per Venezia, Murano, Burano, Torcello, Lido e Pellestrina, per Mestre, Marghera,
Fusina, Campalto, Tre Porti e per altre località della terraferma lagunare.
La regata è legata alla particolare voga, adatta a navigare nelle acque tranquille, guardando avanti per controllare il percorso, ed è costantemente evocata
nei documenti e nell’iconografia della storia locale. La peculiarità della corsa remiera porta, tuttavia, un numero considerevole di storiografi di ogni tempo
a inserire la regata esclusivamente tra la voce “feste”, senza una sua autonoma e precisa connotazione e, qualche volta, a comprenderla tra la voce “corteo”.
La celebrazione dell’atto sportivo non viene rilevata in modo esplicito, ma vi si accenna secondariamente dando spazio, forse in linea con la sensibilità
della contingenza storica, agli atti eclatanti e originali organizzati pomposamente, nel corso del Medioevo e dell’Epoca Moderna, dalla Serenissima Repubblica.
È così naturale che la voga sia alla base delle attività quotidiane e festive che accade che non venga mai considerata in quanto tale e, in modo particolare,
come evento sportivo. La regata è una gara: in origine, i precursori si adattano alla competizione con barche e mezzi rudimentali. Sono i più giovani che si cimentano
in gara con i coetanei. L’organizzazione è spontanea, lasciata all’iniziativa e agli svaghi dei singoli e dei gruppi familiari. Anche i mezzi rispondono alle
caratteristiche delle popolazioni primitive: tronchi d’albero che diventano strumenti di trasporto, bastoni che si perfezionano in rudimentali remi. L’incontro tra
fiume e laguna è il luogo ideale per le prime contese. Un altro elemento è stato forse messo poco in evidenza dagli studiosi: le regate riguardano sia uomini sia donne.
Un fatto singolare, non solo per la cultura europea, con le donne “protagoniste” di un evento “sportivo” anche se il concetto di sport nasce in epoca contemporanea.
Dal Medioevo, campioni e campionesse vengono celebrati, diremmo oggi, “con pari opportunità”, anche nella glorificazione personale del mito, con la consuetudine di
ritratti e poesie evocative, all’epoca, riservati sono alla classe dominante di nobili e teste coronate.
Ai nostri occhi di cittadini contemporanei sorprende piuttosto apprendere come un “filo rosso” umile e semplice, la regata, accomuni
la nostra matrice storica, mettendo in evidenza alcuni pregiudizi e invenzioni della tradizione, provocati dalla modernità, quando l’uso delle automobili ha forse
provocato una cesura nelle abitudini di chi vive in terraferma e di chi vive in mezzo alla laguna. La storia delle regate ci insegna che la competizione è presente
da secoli in ogni località a contatto con l’acqua lagunare, dove ragazzi e ragazze, seguendo la naturale vocazione per la competizione e il divertimento, si sfidano
con il mezzo a disposizione più diffuso: la barca.
Poco cambia durante la Serenissima, anche se le regate, in particolare quelle che si svolgono sul Canal Grande, assumono spesso più una funzione di spettacolo
nello spettacolo a beneficio di ospiti stranieri e comunque mai escludendo la partecipazione popolare.
Nella descrizione di Mestre, Carlo Goldoni ne loda le qualità e la paragona alla reggia di Versailles, facendo dire a Pantalone ne La cameriera brillante,
opera del 1754: “…E si mo in ancuo Mestre xè diventà un Versaglies, in piccolo. La scomenza dal canal de Marghera, la zira tutto el paese, e po la scorra
el Terraggio fin a Treviso. La stenterà trovar in nissun logo de Italia, e fora de Italia, una villeggiatura cussì longa, cussì unica, cussì popolada come questa.
Ghe xè casini, che i par gallerie, ghe xè palazzi da città, da sovrani. Se fa convensazion stupende, feste da ballo magnifiche. Tutti i momenti se vede correr
la posta, carrozze, cavalli, lacchè: flusso e riflusso da tutte le ore. Mi m’ho retirà fra terra, lontan dai strepiti, perché me piase la mia libertà…”.
La fine dell’Antico Regime e il ciclone napoleonico modificano la tradizione, ripresa parzialmente durante l’amministrazione austriaca della città.
Un cambiamento radicale (e una riproposta delle regate) avviene nel 1866. Data importante per il Risorgimento e data importante per le regate in laguna. Da questo
momento i campi di gara occupano, meglio rioccupano, altri spazi, oltre a quello più classico del Bacino di San Marco e del Canal Grande.
Nell’Archivio Comunale alla Celestia (dove non possiamo non ricordarlo è stata fondamentale l’opera di salvaguardia e
riordino del dr. Sergio Barizza, autore, tra l’altro di una considerevole “Storia di Mestre. La prima età della città contemporanea”) è conservato un documento
importante, datato novembre 1866. Si tratta della petizione dei capi gondolieri e barcaioli di Venezia, Mestre e Murano, indirizzata alla Giunta Comunale di Venezia,
ma non è da escludere che lo stesso documento sia stato trasmesso anche alle Giunte comunali di Mestre, Murano, Burano e Pellestrina, “per il ripristino delle antiche
tradizioni, riguardo alle regate”.
Dall’esame dei quotidiani locali emerge che la prima regata di Mestre si svolge nel 1876, organizzata dal locale Comune in collaborazione con un Comitato di
cittadini, la “Società dei Cagnazzi”. La data di svolgimento è il 29 settembre, festa del patrono di Mestre, San Michele. La regata si corre su gondole a
due remi lungo il canal Salso con una formula originale, vista la dimensione del campo di gara. Gli equipaggi in gara sono nove, come per tutte le altre regate
lagunari, e si svolgono praticamente cinque regate nello stesso pomeriggio, con il medesimo percorso lungo il canal Salso prima di piazza Barche. Per chi non segue
le regate a bordo delle proprie imbarcazioni, sono sistemate sulle due rive delle speciali tribune per seguire comunque tutte le fasi della gara. Alla prima, seconda
e terza manche, fase eliminatoria, partecipano tre gondole per volta. La prima classificata partecipa all’ultima manche che indicherà i primi tre classificati e quindi
i vincitori delle prime tre bandiere (rossa, bianca e verde). Nella penultima (cioè quarta manche) parteciperanno i secondi classificati della fase eliminatoria che
correranno per aggiudicarsi la bandiera blu del quarto premio della classifica generale. Una formula forse complessa, ma che coinvolge maggiormente gli spettatori,
che non sono soggetti ai “tempi morti” delle altre regate in laguna, tra un passaggio e l’altro dei regatanti, tra la partenza, il giro del paletto e l’arrivo.
Da città d’acqua Mestre si trasforma nel Novecento, conglobata al comune di Venezia, diventando un moderno centro residenziale,
accanto alle industrie di Marghera, ma trascurando, almeno per qualche anno, le antiche tradizioni. La comunità dei barcari di Mestre era la più importante
della laguna. Dall’opera di Luigi Brunello del Centro Studi Storici di Mestre (LA SCUOLA DI SAN NICOLÒ DE’ BARCAJUOLI DI MESTRE) si rileva che i barcari mestrini
erano organizzati in confraternita fin dall’inizio del Cinquecento: la Scuola di San Nicolò si trova accanto alla chiesa di San Girolamo, un tempo affacciata proprio
sul “Rio di San Girolamo”, successivamente interrato, per rispondere alle esigenze dovute al processo di modernità, che privilegia le vie di terra rispetto a quelle
sull’acqua. I barcari di Mestre si appoggiano a Venezia anche ad un’altra Scuola, che fa capo alla chiesa di San Felice, nel sestiere di Cannaregio, contando
assieme, nel 1847, non meno di 500 iscritti. I barcari mestrini dispongono anche di due stazi (piccola stazione posta sulla fondamenta) a Venezia: uno in
fondamenta di San Giobbe, sempre a Cannaregio e l’altro nel rio attiguo al campo di San Stae, nel sestiere di Santa Croce. La costruzione del ponte ferroviario e
l’arrivo della prima locomotiva tra Venezia e Mestre nel 1846 penalizza l’attività dei barcari che risultava importante per l’economia locale (sono circa
8.000 all’epoca gli abitanti di Mestre).
La “Mariègola della Scuola di San Nicolò” (libro manoscritto nel quale sono raccolte le regole della corporazione), che ora è conservata presso la
British Library di Londra così recita: “Per ogni traghetto partito da Mestre o Marghera per Venezia si doveva contribuire con il versamento di un soldo che persone
incaricate incassavano insediate dove il canal Salso sboccava in laguna…”. Il traghetto che parte dalla terraferma assicura il flusso quotidiano di merci e di
persone con il centro lagunare. Per chi proviene da sud funziona il traghetto di Fusina. Forse meno importante ma altrettanto dinamico è il traghetto di Campalto,
nella direttrice verso Murano e le Fondamente Nove a Venezia. La Repubblica regola alla pari dei “traghetti interni” tutta l’attività dei “traghetti esterni”.
Interessante una vicenda riportata dallo storico Giorgio Zoccoletto, recentemente scomparso, nel libro “MESTRE NEL TARDO SEICENTO LE OSTERIE DI S. MARCO E S. TODARO”,
a proposito del traghetto di Mestre e Marghera: “Nonostante che un decreto emesso dal senato il 18 marzo 1677 avesse chiusa la questione, la lite rimaneva aperta.
Da una parte c’erano i barcaioli del traghetto di Mestre e Marghera, dall’altra gli abusivi di Campalto. I primi erano gli unici ad essere autorizzati per il trasporto di
persone e di merci dalle rive del canal Salso fino allo stazio di San Giobbe. Per esercitare il servizio dovevano ottenere la licenza, o libertà, dal magistrato alla
milizia da mar e sottostare alle norme corporative dettate dagli avogadori di comun”. Per libertà si intendeva il diritto di occupazione, per il barcaro,
di un posto nel traghetto. Libertà, che evidentemente vedeva esclusi i barcari di Campalto.
Nella storia delle regate disputate dopo l’unità italiana, la regata di Mestre è la terza riproposta in ordine di tempo dopo quelle sul Canal Grande a Venezia e quella
di Murano. Nella storiografia contemporanea viene dato ampio risalto ai traghetti e ai barcaioli mestrini e forse viene meno considerata l’organizzazione delle regate
tra il canal Salso e la laguna. La memoria sopravvive grazie ai quotidiani e anche grazie a pubblicazioni di ricercatori d’archivio come Sergio Barizza. Luigi Brunello
e Giorgio Zoccoletto.
Dalla lettura dei quotidiani e in particolare de «IL GAZZETTINO» emergono i nomi dei regatanti più affermati. Il quotidiano
«IL TEMPO» del 1894, offre un resoconto della regata di Mestre dal quale si rileva che i regatanti di Mestre e di Marghera sono tra i campioni che si affermano nelle
altre competizioni corse in laguna: ad esempio i mestrini Giuseppe Basana e i fratelli Dorigo, Vincenzo Dogà (Silvestro), Chichisiola Antonio (Bagari), Danesin Giuseppe
(Duca), Antonio Goattin, Luigi Vizionato (capo), Sante Gaggiato, Adolfo Franchin, Pietro Vizionato, Vincenzo Giacometto; da Marghera vengono citati i regatanti Massimiliano
Cellere e Giovanni Zanon.
Nel Novecento si impone una generazione di barcari mestrini appartenenti alla stessa famiglia Uccelli, meglio conosciuti col soprannome di Campaltini, anche
se tutti nati e cresciuti “alle Barche”, nel “palazzòn dei barcaroli”, sulla riva del canal Salso. Partendo da Campalto portavano, con pesanti caorline il latte
a Venezia. Tutti i giorni, compresi quelli con il vento di bora. Giovanni e Giuseppe, cugini, partecipano alla Regata Storica del 1926 e per un soffio non arrivano in
bandiera. Dichiarava Giuseppe (Bepi Osei Campaltin): “C’erano molte gelosie con i gondolieri veneziani e per noi poveri barcari mestrini era più difficile essere
ammessi alla regata in Canal Grande. Era l’ultimo anno del comune di Mestre. Mi ricordo ancora il sindaco Paolino Piovesana. Vivevo praticamente in barca. Mi alzavo di
buon’ora al mattino, con la caorlina a due remi, ma capitava anche di farla a un remo; partivo da Campalto con qualsiasi tempo, se ero fortunato usavo per qualche tratto
anche la vela. Il percorso era sempre lo stesso: Venezia, brefotrofio della Pietà, Ospedale al Mare, San Servolo, San Clemente, Sacca Sessola e ritorno. Portavo il latte,
quasi trenta quintali, a questi istituti veneziani. Il bello è che si trovava il tempo (e l’energia) per fare anche le regate”.
I più giovani della famiglia Uccelli, Fulvio e Federico, vincono numerose regate in canal Salso e competono a Murano, Burano, Pellestrina, Sant’Erasmo, Campalto e in
Canal Grande, con noti campioni della fama di Strigheta, Ciapate, Crea, Ciaci e i fratelli Fongher. Ricordava Federico (Rico Osei Campaltin): “Da oltre un secolo si
svolge la regata di Mestre, lungo il canal Salso. Il giorno di San Micel, con la grande sagra veniva organizzata anche la regata. Dove adesso c’è la piazza Leonardo Da
Vinci venivano le giostre, in mezzo ai prati. Si chiamava allora il campo dei ferrovieri. Il canal Salso, allora pieno di barche, arrivava a ridosso del Corso del Popolo.
Mi ricordo un certo Pippo Campossa che organizzava, con l’aiuto di tutta la comunità, la grande sagra. Tutti noi abbiamo iniziato a far regate proprio in occasione di
quella festa”.
A partire dagli anni Venti le regate aziendali e giovanili consolidano un sensibile sviluppo grazie all’azione dell’O.N.D. (Opera Nazionale Dopolavoro). A Mestre,
nel 1929, sul canal Salso, “ai primi due regatanti, il sig. Salvan, titolare della rinomata trattoria Geremia, offrirà un succulento pranzetto. Gli accessi alle
Barche verranno chiusi e per entrare si pagherà lire 1. Giuochi in acqua: cuccagna, triangolo e caccia del masaro, l’anitra selvatica”. Ormai quasi tutte le regate
sono organizzate dall’O.N.D., ad eccezione della regata di Murano e la Storica, che sono promosse direttamente dal Comune per mezzo dell’Ufficio per il Turismo.
Negli anni Trenta sono sospese tutte le regate femminili (le donne devono stare a casa ad accudire i figli…) e quelle maschili, come il Palio Nautico, sono riservate
ai giovani che si preparano per le guerre (in Africa, in Albania, in Grecia e in Europa continentale). Nell’agosto del 1939 viene a Venezia il ministro della propaganda
del Reich, Goebbels, per l’inaugurazione della settima “Mostra del cinema”. Un ordinatissimo corteo di barche lo accoglie al suo arrivo. Nelle fotografie di Piero
Giacomelli le gondole, una trentina, tutte vogate da marinai in divisa, marciano ordinatamente, con la disciplina tipica dei militari. Nel centro lagunare sono in pieno
svolgimento le regate del secondo “Palio Nautico”, aperto ai regatanti delle aziende (principalmente del porto e delle industrie di Marghera e d Murano). I vincitori
della gara finale hanno diritto a partecipare alla “Grande Regata Fascista Storica Reale”, non ancora autorizzata per la denominazione “Imperiale”. L’invasione nazista
alla Polonia all’inizio di settembre 1939 farà sospendere la gara, praticamente il giorno prima, con il disnàr dei regatanti già consumato. Non ci saranno più regate
a Venezia, tranne una parentesi “cinematografica”, nel 1942, per il film “Canal Grande” del registra Andrea Di Robilant. È una regata artificiosa, non vissuta dalla
popolazione della laguna. La maggior parte dei regatanti è sotto le armi.
Nel 1941 si svolgono comunque le regate di Murano e di Mestre, con regatanti giovanissimi o anziani. “È doveroso accennare ad un fatto che dimostra come i camerati
che si cimentano in questa bella competizione remiera facciano lo sport unicamente per lo sport, rinunciando spontaneamente ai premi in denaro. Per gentile concessione
del Comando della locale G.I.L, la fanfara degli Avanguardisti rallegrerà l’attesa con marce e canzoni”.
Nel 1943 rimane solo la regata di Mestre, che normalmente si disputa all’inizio della stagione remiera. L’occupazione tedesca nel settembre di quell’anno non
consentirà lo svolgimento di alcuna regata fino al 1945, quando, in ottobre, si correrà sul Canal Grande la “Regata della Liberazione” con i vecchi campioni di
Venezia, Mestre, Tre Porti e isole. È opportunamente organizzata in un clima di festa popolare e in segno di speranza per il futuro dopo le frustrazioni e i lutti
provocati dalla guerra.
Dal 1946 si apre una nuova fase per le regate (con l’istituzione di un apposito Ufficio comunale) e dal 1975, con la prima Vogalonga anche un nuovo capitolo per
la voga alla veneta: le società di terraferma, come la “Canottieri Mestre” e la “Voga Veneta Mestre”, valorizzano la Punta di San Giuliano, attorno al nuovo parco,
come uno dei cardini dell’attività remiera dell’area metropolitana, sia in ambito locale sia nazionale.
Estratto da “Pro Loco Mestre Magazine” – 2019 - anno I, n. 1, 2 e 3