Tutte le informazioni disponibili sulle mostre promosse da Pro Loco Mestre e ospitate presso la Torre Civica su indicazione dell'Ufficio Cultura del Comune di Venezia
dal 3 Febbraio 2024 al 13 Febbraio 2024 - presso:TORRE CIVICA DI MESTRE
Viaggio virtuale sui colori del Carnevale - Direttore Artistico ed Autore delle opere Marino Corbetti
dal 16 Dicembre 2023 al 31 Gennaio 2024 - presso:TORRE CIVICA DI MESTRE
Viaggio virtuale tra Fiaba e Realtà Mostra a cura di Università Popolare Mestre Direttore Artistico ed Autore delle opere Marino Corbetti con i contributi di Franco Fusaro Lucia De Michieli Daniela Zamburlin
dal 18 Novembre 2023 al 10 Dicembre 2023 - presso:TORRE CIVICA DI MESTRE
dal 07 OTTOBRE 2023 al 12 NOVEMBRE 2023 - presso: TORRE CIVICA DI MESTRE
dal 22 Settembre 2023 al 01 Ottobre 2023 - presso:Palazzo della Provvederia
dal 16 Settembre 2023 al 01 Ottobre 2023 - presso: Torre Civica (dell'Orologio)
dal 27 Agosto 2021 al 23 Settembre 2021 - presso: Torre Civica (dell'Orologio)
L’artista, illustratore di parecchi libri dedicati alla cultura ed alla storia del territorio fra cui la “Storia di Mestre” di Pierluigi Rizziato, presenta
in Torre civica una quarantina di disegni originali dedicato alle fedeli ricostruzioni della Mestre ottocentesca quando la città era ancora rappresentata da poco
più di diecimila abitanti.
La mostra si integra perfettamente ai pannelli permanenti che già illustrano la storia e l’evoluzione cittadina e diventa uno strumento di studio e di
valutazione dell’evoluzione che la città ha sviluppato nel XX secolo.
L’abbinamento con le immagini fotografiche dell’attuale che riprendono fedelmente gli angoli ricostruiti costituisce, infine, un ulteriore valore
aggiunto nell’interpretazione della città antica con l’attuale.
La mostra presenta insieme sia la pianta della Mestre ottocentesca che la monumentale cartografia della città di Venezia “Venetiae MM (Ipsa sua melior forma)”.
Giuseppe Brombin, nato a Padova il 19 Marzo 1951, si può dire che da sempre è disegnatore e pittore, avendo iniziato ad esporre le proprie opere già nel 1973;
dal 1975 ha iniziato l'attività di incisore ed in seguito ha conseguito il diploma dell'Accademia di Belle Arti di Venezia.
Brombin esplicita la sua creatività fin da piccolo proprio perché possedeva una insita creatività vivida e alimentata da tutto ciò che lo circondava.
Nei primi anni Settanta l’ambiente artistico di Venezia era molto vivace, gli artisti si aggregavano in osterie o in luoghi dove potessero stare insieme e discutevano
della loro comune passione, talvolta gli animi si facevano caldi, ma tutto era condivisione e crescita personale, oltre ciò a Venezia l’artista locale era
tenuto in alta considerazione e veniva sempre promosso. Nel 1973, quasi per divertimento, partecipò con un gruppo di amici ad una mostra collettiva e nel
1975, dovendo rispondere ad una personale necessità interiore, decise di iscriversi al Centro Internazionale di Grafica presso lo IUAV di Venezia, seguendo il
Corso specifico dedicato all’incisione. Scelse questo corso perché aveva difficoltà a staccarsi dai suoi disegni, così ovviò al problema, poté quindi permettersi
di conservare i suoi disegni originali regalando poi o vendendo le incisioni prodotte. Questo fu solo l’inizio per rendere l’arte parte integrante di un discorso
molto più articolato. Apprese, durante il corso, tantissime nozioni e capacità di trasmettere la sua arte attraverso varie tecniche artistiche. Inizialmente,
riproduceva opere rinascimentali e usava molto i colori ad olio, un’ottima palestra per capire la struttura fondamentale del colore, le prospettive e l’uso
delle luci e delle ombre, oltre che riconoscere l’importanza delle proporzioni, poi per necessità di salute dovette smettere con l’olio, testò così gli
acrilici e questi, ancor oggi, sono i colori a lui più congeniali. Abbracciò successivamente il movimento surrealista, in particolar modo fu affascinato
da Dalì e Magritte, questo movimento lo fece suo, lo rivisitò annettendovi tutto il personale ragionamento rivolto al messaggio concettuale da trasferire
attraverso il suo operare. Brombin principia sempre da un’idea, da un pensiero, poi cerca di materializzarlo affinché si possa identificare cercandone incessantemente
confronti e paragoni con la realtà. Non è un lavoro facile, in quanto le idee, come le sensazioni e le emozioni sono astratte, ma il bisogno di esprimerle lo porta a
superare gli ostacoli, anche se a volte i suoi quadri rimangono incompiuti per venti anni, in attesa dell’attimo creativo o dell’energia giusta. Brombin non è
un autore dei “cicli pittorici”, di conseguenza non ha una cifra espressiva sempre riconoscibile, lui si sente libero, ogni sua realizzazione è un ciclo iniziato
e finito in un unico quadro. Tra un quadro e l’altro ovviamente però ci sono anelli di giunzione globali che caratterizzano la sua produzione artistica e sono ben
riconoscibili, questi elementi possono essere il colore, come gli azzurri, i blu cobalto o i gialli dalle mille sfumature e ultimamente, da non più di 10 anni,
l’inserimento di oggetti all’interno delle sue strutture pittoriche che fanno parlare le realizzazioni come opere di teatro della figura, costruito per lo più
intorno ad oggetti, questi inserimenti fanno sì che aumenti in valore il linguaggio usato nelle tele che è già fortemente visivo e sensoriale.
I temi trattati, nell’opera di Brombin, sono riferiti alla quotidianità, all’interfacciarsi continuo con le proprie conoscenze, ad un indagine introspettiva
delle esperienze di vita rapportandole al vissuto di chi incontri nel tuo cammino, una sorta di miscellanea di emozioni, plasmate attraverso le forme e non forme,
inserite in ambienti sospesi, immoti, quasi a voler fissare sempre un preciso istante, l’istante della sensazione vissuta o, dopo dialoghi, ciò che ti sei portato
a casa. Brombin accompagna così il suo personale pensiero e cerca sempre di trasferire qualche cosa al fruitore che gli rimanga e che lo scalfigga stimolando l’immaginario
oltre che la ragione.
Tutto questo nasce da un ciclo di 6 incisioni dedicate ai problemi esistenziali che inizialmente rispondono a problemi personali e poi si
allargano a ciò che lo circonda, principalmente si basa su tutte quelle problematiche pirandelliane dedicate al tema dell’identità della persona, le
multisfacettature personali, la dualità, la ricerca della propria personalità che ahimè talvolta viene negata.
Nella struttura delle sue tele c’è una preparazione meticolosa del fondo con gesso acrilico e pasta acrilica, le stesse realizzazioni non sono un gesto impulsivo,
ma seguono un procedimento liturgico dallo schizzo su carta alla trasposizione meticolosa e ben realizzata successivamente sulla tela. Giuseppe sostiene che quando
realizza un quadro non può permettersi di sbagliare, il quadro è come una poesia non puoi sbagliare l’ortografia, tutto deve essere preciso, se no rischi di comunicare
un significato errato del messaggio da trasferire al fruitore e che è intrinseco comunque nell’opera stessa, il vero appunto potrebbe sfuggire, l’immagine perciò deve
essere curata e contenere tutti quei fraseggi necessari alla decodifica mentale dell’opera presentata. Anche la luce e le ombre sono ben pensate, lui sa perfettamente
già prima di realizzarle dove inserirle.
Un altro elemento importante nell’opera di Giuseppe Brombin è la musica, lui la ama e ascolta tanti generi musicali, dalla musica medievale alla musica rock.
Adatta la musica alle sue opere in base all’estro del momento, ci sono però dei capisaldi che lo accompagnano nel suo percorso di simbiosi tra arte musicale e arte
figurativa, come il più grande compositore rock progressive del secolo scorso, Frank Zappa, che ricorda, con il suo unire melodie e cambi repentini e inaspettati ritmici
il concetto di avversità e polemica dadaista nei confronti di qualsiasi convenzione o sistema di valori prestabilito, nell’arte come nella vita stessa. Il primo disco
di Franck Zappa lo acquistò nel 1966 e da lì nacque l’amore rivolto a lui e al suo genere musicale. Altri che appaiono come protagonisti con le loro liriche e ispirazione
nei suoi quadri sono: i Doors, Jim Morrison, Francesco Guccini, giusto per citarne alcuni e i loro testi entrano a completare ciò che l’opera ci trasmette già con la
sua autonomia interpretativa.
Brombin è un fabbricante di sogni…legati con un filo sottile alla realtà, la realtà profonda e strutturata che vive l’artista stesso, il suo personale e unico
sentire.
dal 8 Settembre 2020 al 6 Gennaio 2021 - presso: Torre Civica (dell'Orologio)
La mostra intende restituire l'aspetto di alcune città e fortezze di Creta e del Peloponneso nell'età di Morosini attraverso immagini e documenti del
suo tempo (anche se solo in riproduzione, per motivi di ordine conservativo). Tra i principali testimoni vi sono le 48 grandi tele realizzate tra la fine
del Seicento e i primi anni del secolo seguente per celebrare le imprese militari di Morosini in Levante, dipinti in gran parte finora poco noti
e poco studiati. Ai dipinti si affiancano varie altre immagini che appartengono ad altri contesti e che hanno origini e finalità diverse: i documenti ufficiali,
redatti dall'apparato amministrativo e militare, e le opere a stampa che furono diffuse in tutta Europa anche per soddisfare la curiosità del pubblico rispetto
alla storia e all'aspetto dei luoghi in cui si stavano svolgendo le campagne militari veneziane e della Sacra Lega.
Dopo una sintetica introduzione ai luoghi, alla figura di Francesco Morosini e alla storia delle tele Morosini, la mostra è articolata in tre principali sezioni,
una dedicata a Creta e due al Peloponneso.
Nella prima sezione si esibiscono la potenza delle difese di Candia - città che resistette a un assedio lungo più di vent'anni - e le fortezze del Golfo della Suda,
territorio di notevole rilevanza strategica situato nei pressi dell'altra principale città del Regno, Canea (Chanià).
Le due sezioni dedicate alla Morea guardano invece separatamente alle fortezze del territorio, avamposti più specializzati in senso militare,
e alle più importanti città portuali delle coste del Peloponneso tra cui, nell'età di Morosini, un posto rilevante ebbero Modone, Corone e Na-varino Vecchio e Nuovo.
Lo Stato da mar, i territori veneziani del Levante, situati lungo le coste dell'Adriatico e nel Mediterraneo, sono luoghi in cui la presenza di Venezia
risale al Medioevo. È uno Stato dalle caratteristiche particolari poiché non possiede una coesione territoriale ma è composto da città, porti e fortezze fra loro isolati
e collegati principalmente dalle rotte marittime che passano lungo la sponda orientale dell'Adriatico e raggiungono l'Egeo e il Mediterraneo orientale attraversando le
isole lonie, la Grecia continentale, la Morea (il Peloponneso) e l'isola di Candia (Creta).
Nel corso dei secoli, la geografia dello Stato da Mar cambia continuamente e in particolare tra Quattrocento e Cinquecento, in seguito alle guerre con gli Ottomani,
nuovi territori passano sotto il governo di Venezia e altri sono invece definitivamente perduti. Le città costiere della Morea cadono quasi tutte entro lo scoccare del
1500 mentre l'isola di Candia rimane veneziana con continuità per più di quattrocento anni, fino al 1669. I cambiamenti di governo in questi territori lasciano tracce
evidenti anche nella storia delle città: nel loro aspetto, nel loro impianto urbano e nelle loro opere di difesa.
Francesco Morosini (1619-1694), per quattro volte capitano della flotta e dell'esercito veneziano, oltre che doge (dal 1688), ebbe un ruolo particolare e
importante nella storia di Candia e in quella della Morea, nonostante le loro diversità.
Morosini combatté nella guerra per la difesa del Regno di Candia (1645-1669) e ne segnò anche l'atto finale consegnando all'Impero ottomano la capitale (Candia,
Chandaka, Iraklion) e l'intera isola, salvo alcuni avamposti che rimasero veneziani fino alla caduta della Repubblica. Qualche anno dopo, nel corso della guerra della
Sacra Lega contro l'Impero Ottomano (1684-1699) - l'unica guerra di attacco combattuta da Venezia contro i turchi - Morosini invece non solo riconquistò molte delle
antiche città e fortezze della Morea, ma estese i possedimenti della Repubblica a quasi tutto il Peloponneso: un successo però di breve durata poiché la Morea fu
definitivamente persa solo pochi anni dopo, tra il 1714 e il 1718.
L'età di Morosini è quindi un momento che ben rappresenta le differenti vicende delle città e delle fortezze che si trovano in questi due territori:
il continuo dominio veneziano su Candia, e la sua importanza politica ed economica per la Repubblica, fecero sì che i sistemi di difesa dell'isola fossero continuamente
aggiornati, seguendo le nuove concezioni im-postate e diffuse nel XVI secolo così come i successivi aggiornamenti; in Morea, invece, la maggior parte delle città e
delle fortezze nel XVII secolo conservano difese più antiche, in parte realizzate dagli stessi veneziani e solo in parte modificate e aggiornate durante il periodo
del dominio ottomano.
dal 28 Settembre al 20 Ottobre 2019 - presso: Torre Civica (dell'Orologio)
L'esposizione è dedicata alla guerra dei confini avvenuta tra il 1372-73 tra Veneziani e Padovani. Guerra che vide la costruzione di molte bastie e
fortilizi cinti da palizzate di legno circondati da fossati.
Sono presenti ricostruzioni di armi e scudi tipici dell'epoca accompagnati da mappe antiche e narrazioni di memorabili battaglie. Una particolare attenzione poi alla produzione
ceramica graffita e smaltata, rappresentata da una serie di esemplari recuperati nei bacini lagunari, a cui si affiancano altri manufatti artigianali particolari, come le pipe
chioggiotte e i tegami realizzati in pietra ollare.
La guerra che oppose Padova e Venezia negli anni 1372-1373 passata alla storia come guerra dei confini si svolse in gran parte nel territorio
dell'antica Pieve di Lova ed ebbe Lova e il territorio attiguo come centro delle operazioni belliche: in quel terreno paludoso e malsano si concentrarono i
due eserciti; in mezzo agli acquitrini si svolsero le principali operazioni d'armi, si combattè accanitamente con morti, feriti e grandi sofferenze per la popolazione locale.
Venezia stretta nelle sue isole aveva già esteso il suo dominio lungo le coste dell'Istria mentre il territorio immediatamente alle sue spalle era ancora in mano straniera
e talvolta in mani molto ostili. Era naturale la sua tendenza di estendersi nella terra veneta per una sua maggiore sicurezza, aumentare i suoi traffici commerciali e per
dare basi solide alla sua nascente potenza politica. Ma in questa direzione sorgevano le più grosse difficoltà e prime fra tutte la città di Padova con i suoi signori: i Carraresi.
Questi costruirono nuove fortezze ed insediamenti abitati a ridosso dei confini con i territori veneziani che ritennero tali costruzioni minacciose per la loro città e a loro volta
si fortificarono a S.Ilario presso Gambarare, in territorio che il carrarese Francesco I riteneva di sua competenza. La diplomazia non fu sufficiente per ricucire i rapporti tra le due parti
e si arrivò così all'uso delle armi con il coinvolgimento di tutta la regione di confine tra il pievado di Sacco e la gronda lagunare dove vennero costruite dall'una e dall'altra
parte numerose bastie, costruzioni militari tipiche dell'epoca caratterizzate da spalti di terra circondati da un fossato e protetti da palizzate di legno, che hanno lasciato ricordi
nel nostro territorio in nomi ancora attuali di vie e canali lagunari.
Per informazioni ci potete contattare scrivendo a: prolocomestre@gmail.com o attraverso il modulo di contatto.